Dalle piccole Dolomiti vicentine al mondo più spaventoso e misterioso: l’intervista all’autore
Un quarantenne che vive sulle piccole Dolomiti, lavora nella chimica e che, nonostante un percorso di studi prettamente scientifico, è da sempre un appassionato di fiction in tutte le sue declinazioni artistiche, narrativa in primis.
Influenzato da autori quali Stephen King, Ray Bradbury e Clive Barker, Decimo Talgiapietra – nome d’arte – fin dai primi anni di scuola vive il bisogno di raccontare storie, “e per farlo mi avvalgo di qualsiasi strumento atto allo scopo: la voce, una penna, un computer, una telecamera, uno strumento musicale”.
La sua è un’ispirazione nata dalla necessità e volta all’intrattenimento, “nello specifico, per spaventare. Ogni sforzo è teso a ricreare l’atmosfera perfetta, aggettivo che nel mio idioma si traduce in “angosciante” e “destabilizzante.” Lo faccio, dunque, con le parole e con i suoni. La maggior parte dei miei scritti rimane dentro un cassetto per diversi anni, fino al febbraio del 2020, l’anno della pandemia e del lockdown generalizzato. Qualcosa mi spinge ad aprire quel cassetto e a estrarne il contenuto. Come un viaggio a ritroso nel tempo. Spuntano racconti che avevo persino dimenticato di aver scritto, alcuni romanzi, stralci di canzoni, pensieri abbozzati”.
E così Decimo Tagliapietra decide di “dare loro una possibilità. Mi classifico tra i finalisti dell’Asylum Horror Contest e al Terni e Narni Horror Fest. Un altro racconto viene selezionato per l’antologia Z di Zombie 2021, curata da LetteraturaHorror.it “Luce Di Notte”, un giallo montano, si guadagna la finale al Premio Gran Giallo Città di Cattolica, scelto tra oltre 202 contendenti”.
E l’8 giugno 2021 è arrivato in libreria il suo romanzo d’esordio, “Risorgemìa”, edito da Delos Digital nella versione ebook, e da Weirdbook per quella cartacea:
Scelgo ancora l’Italia, sempre l’Italia, e nello specifico un paesino sperduto tra le Alpi, come ambientazione per la mia storia, un horror che qualcuno ha definito “Fulciano”. In fin dei conti, cosa c’è di più spaventoso e allo stesso tempo meraviglioso della montagna? Il ghiaccio, la neve, l’isolamento, le imponenti pareti di roccia. Una scenografia che annichilisce i sensi.
Come se il romanzo necessitasse di una colonna sonora ad hoc, il 30 giugno scorso Decimo Tagliapietra ha rilasciato sulle piattaforme streaming “DER STEREOSKOPISCHE MANN”, album strumentale omaggio agli orrori cosmici di H. P. Lovecraft e alla fantascienza di Arthur C. Clarke e Philip K. Dick.
Perchè scrivi horror, gli chiediamo?
Lo scrittore, nelle sue storie, inevitabilmente si ritrova a dover scandagliare l’animo umano, a metter le mani in anfratti scuri e difficilmente accessibili, e il più delle volte deve indossare i panni di un idraulico alle prese con un pozzo nero. L’uomo, inteso come genere umano, è una moneta con due facce antitetiche. Il lato positivo è solare, sta in superficie, ci abbiamo a che fare quotidianamente ed è una universalmente decriptato. L’altra faccia della moneta è opaca, le incisioni sono confuse, la superficie scabra fa ritrarre le dita della mano. Si tende a sfuggire il contatto, ma contemporaneamente se ne è attratti. Chi scrive thriller mette in comunicazione il lettore con questo lato della moneta. Ma se si è così temerari da voler scendere ancora più in basso, fino a toccare il fondo del pozzo, ecco che entra in gioco il soprannaturale. Nelle storie dell’orrore che scrivo e di cui vado ghiotto, i protagonisti si confrontano con il paranormale, il sovrumano, il prodigioso. Vengono posti di fronte a situazioni irreali e ciò permette di mettere in luce aspetti caratteriali che non trovano riscontri nella vita vera (o quasi mai), nonostante tutta la nostra esistenza sia da sempre pregna di “soprannaturale.” Siamo attratti dal mistero, dal meraviglioso, da tutto ciò che ci consente di sfiorare la morte con la certezza di poter fare un passo indietro, prima che sia troppo tardi. Siamo attratti dai vampiri, dai licantropi, dagli zombi, anche se sappiamo che non esistono (forse).
Stephen King, il più grande patologo dell’animo umano, ha sintetizzato in poche parole quello che sto cercando di dire: “Sappiamo tutti che sotto il letto non c’è nessun mostro, ma stiamo comunque attenti a tenere i piedi sotto le coperte“
Sinossi di Risorgemia
Italia, febbraio 1959.
A Portoalto, un piccolo borgo tra le vette delle Alpi Venoste, i morti del cimitero risorgono alle prime luci dell’alba, spazzando via come un uragano la placida routine degli abitanti. L’evento sembra in qualche modo collegato a un fatto di sangue avvenuto a inizio secolo, narrato tra le pagine del diario di un vecchio prete accusato di omicidio.
Inizia da qui l’odissea di un gruppo di uomini e donne destinato ad affrontare un orrore che va al di là di ogni immaginazione, un orrore che raggiungerà il suo culmine con l’arrivo di una figura inquietante e misteriosa, un essere mostruoso che si aggira indisturbato tra le case e sembra non temere i vivi né i morti.
DER STEREOSKOPISCHE MANN
La genesi dei brani, in principio semplici embrioni di sperimentazione sonora, avviene in momenti diversi nell’arco di dieci anni e per tutti il comune denominatore è atmosfera.
Vi sono molte analogie tra la scrittura e la composizione musicale. In entrambi i campi, si ottiene un risultato soddisfacente quando l’autore riesce a sfiorare determinate corde, a premere i bottoni giusti. Se con un romanzo o un racconto c’è bisogno della complicità del lettore, della sua immaginazione, della sospensione dell’incredulità, con la musica è sufficiente la predisposizione all’ascolto. Le note, i suoni, le percussioni, troveranno un modo per raggiungere il cervello, vuoi soffiando delicatamente nei padiglioni auricolari, vuoi scavando un varco direttamente nel cranio.
D.S.M racchiude colonne sonore di film mai (non ancora) girati. È il mio umile omaggio agli orrori cosmici di H.P. Lovecraft e allo spazio profondo, misterioso e inospitale, partorito dalla mente di autori quali Arthur C. Clarke e Philip K. Dick.
Per la conturbante cover dell’album e per aver dato vita all’Uomo Stereoscopico, dovrò ringraziare a vita il mio amico Paolo Di Orazio, romano di Roma, eccellenza della letteratura horror del nostro paese nonché iconico batterista de Il Latte E I Suoi Derivati.