15 mesi di prigionia per il giovane padovano e la fidanzata, rapiti in Burkina Faso
Una buona notizia, finalmente, i questo periodo così funestato da news tragiche e preoccupazioni mondiali a causa dell’emergenza Coronavirus (ve ne ho parlato QUI e QUI) e delle sue conseguenze sul tessuto sociale, economico e sanitario.
Ho amato leggere del rilascio del caro Luca Tacchetto, che ho avuto il piacere di conoscere anni fa.
Il suo rapimento, avvenuto 15 mesi fa in Burkina Faso senza che se ne avessero più notizie, insieme alla fidanzata canadese Edith Blais, aveva destato particolari preoccupazioni da parte degli italiani, in particolare dei genitori. Penso al papà Nunzio che sono in questi giorni ha potuto riabbracciare il figlio dopo mesi di sequestro in Mali.
«Deve riposare adesso, è frastornato, sta capendo adesso tutto quello che sta succedendo a causa del Coronavirus, sono stati 15 mesi lunghi e dolorosi. Ringrazio tutti, la Farnesina che ci ha sostenuti dall’inizio fino all’ultima telefonata, quella più attesa della liberazione. Ora ricominciamo una nuova vita, più uniti di prima».
La sera del 12 marzo scorso i due ragazzi hanno preso coraggio, e dopo essersi fasciati i piedi (erano senza scarpe) con vestiti strappati sono riusciti a scappare. Raggiungendo un’autopista dove hanno fermato un camion che li ha portati a Kidal, città a nord del Paese, nella base di Minusma, la forza militare dell’Onu presente in Mali.
Adesso Luca Tacchetto è di nuovo nella sua Vigonza, cittadina del Padovano in cui suo padre è stato sindaco.
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