Genio indiscusso della Pop Art, ha visto svanire il suo sogno più grande per colpa della pandemia
Non so voi ma io di Takashi Murakami sono sempre stato innamorato.
Un grande artista, eredi di Warhol e della sua Pop Art.
Il suo universo multicolore che si ispira alle anime giapponesi ma con spunti occidentali è straordinario: lui, padre dello stile Superflat è anche il fondatore della Kaikai Kiki, organizzazione e galleria d’arte che rappresenta una vera e propria factory warholiana con nuemrose iniziative che supportano gli artisti parte del progetto.
E poi è arrivato il Covid: nell’estate 2020, Murakami ha pubblicato su Instagram un video di 15 minuti in cui spiegava la crisi economica che stava vivendo e come la pandemia lo avesse costretto a interrompere un progetto particolare.
Si tratta dell’interruzione del film diretto da Murakami “Jellyfish Eyes Part 2: Mahashankh”, sequel del primo capitolo uscito in Giappone nel 2013. Una pellicola fantasy sci-fi con creature fantastiche ispirate all’immaginazione infantile e attori in carne ed ossa in un avanguardistico esperimento di computer grafica.
Nella clip l’artista aveva svelato il dispiacere nell’aver dovuto abbandonare il progetto del sequel. Un film su cui era al lavoro da nove anni e che doveva realizzare i suoi sogni dell’infanzia.
E poi l’annuncio di un documentario con i dietro le quinte e le fasi della progettazione di due capitoli del film.
Nonostante la rinuncia e il ridimensionamento della Kaikai Kiki, Murakami ha avvertito i fan che continuerà ad investire in progetti e collaborazioni in tutto il mondo.